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Norvegia 3.0

Giorno 1 – 25 luglio 2021

Atterrare nel nord è sempre un’esperienza fantastica. Atterrare a Bergen significa vedere tante briciole di terra buttate da qualcuno, lassù in cielo, nell’oceano. Siamo (di nuovo) in Norvegia.

Subito rimaniamo stupiti, ma non troppo (vista l’analoga esperienza dell’anno scorso), dal vedere le persone in aeroporto, viaggiatori e vari operatori, senza mascherina. Ovviamente a nessun essere pensante può venire in mente che in Norvegia non vengano rispettate le regole, e scopriremo quindi che qui la mascherina non è più obbligatoria nemmeno nei luoghi pubblici al chiuso (lo sarà mai stata?). Ma attenzione, sono maniacali nel rispettare le distanze, nella disinfezione delle mani e nei bagni simpatici.

Se vi capiterà di incontrare, in Norvegia, delle persone vicine fra loro, senza mascherina, saprete di sicuro essere conviventi. Inoltre, il concetto di starsi addosso l’uno all’altro non esiste nella cultura norvegese, profondo rispetto per lo spazio vitale di ognuno (la signora che all’Esselunga ti sta così addosso da leggerti i messaggi sul tuo telefono, e annusarti l’alito, muta).

Cerchiamo la Hertz: è chiusa, saracinesca abbassata, bigliettino sulla parete: “per ritirare la macchina, chiamateci a questo numero” (quelle cose che ci fanno capire una cosa bellissima, e cioè che i viaggiatori saranno pochi, e mai dubitare di un disservizio… viene da ridere solo al pensiero!). 4’27” dopo, si presenta l’operatrice: a differenza di quanto viene segnalato dal sito di Rental Cars, ci danno la possibilità di pagare con una carta di credito diversa da quella utilizzata per la prenotazione e non per forza appartenente al driver principale. Però.. non accettano il pagamento se non con codice (quello usato per prelevare contante, per intenderci), quindi partite muniti di codice! Come anche l’anno scorso, la macchina è di gran lunga migliore di quanto scelto in fase di prenotazione (cioè sempre quella che costa meno): più grande, cambio automatico, 5 e non 3 porte. Si parte per Bergen, distante circa 20 km dall’aeroporto. Ci sono quasi 30°C (anche se senza umidità) e io sono un po’ scioccata. Ci immergiamo in Bryggen (“molo” in norvegese), lo storico quartiere antico, costituito da 280 casette di legno colorato, una accanto all’altra, che avrete tutti visto su qualche foto.

Nel 1702 ci fu un incendio che distrusse gran parte dell’area, per cui gli edifici vennero ricostruiti ma circa un quarto di essi sono ancora gli originali. Bryggen è stato classificato dall’UNESCO tra i patrimoni dell’umanità. In effetti è molto piacevole, così come il fishmarket che incontriamo, dove pranziamo con un panino con l’alce davvero squisito e preparato al momento (non puoi avere fretta, in Norvegia, non esiste qui, la fretta).

A proposito di alce e lingue straniere, il venerdì i norvegesi dicono “God helg!” – buon weekend – ma attenzione, nel caso vogliate imitarli, ad accentuare l’acca aspirata, onde evitare di augurare loro “buon alce”. Un po’ come l’acca aspirata inglese, che, se non pronunciata, vi fa dire che avete mangiato i gatti invece di dire che li odiate (I hate/ate cats). Qui le bandiere arcobaleno superano quelle norvegesi, e chi li conosce sa che se la porterebbero attaccati al polso sempre.

Ci accontentiamo di un paio d’ore per visitare Bryggen, ansiosi, come sempre, di fuggire dalle “città” (diciamo un quartiere del Milanese) ed immergerci nella natura. E qui parte il vero viaggio: quella luce che solo a queste latitudini splende così, di cui ne vorresti un po’ anche fra il cemento di Milano, o sulle nostre montagne, ma è solo qui, oltre il 60° parallelo nord (probabilmente anche sud, ma lo devo ancora verificare con i miei occhi). E poi il silenzio, il rumore più bello della Norvegia. E il vero viaggio inizia quando ti sei appena allacciata le cinture e già vorresti fermarti (e ti fermi ovviamente), perché di sicuro lì dietro, o laggiù, c’è qualcosa di cui vale la pena avere esperienza. Un viaggio in macchina a singhiozzo, ma non puoi perderti mondi del genere.

Percorriamo la Fv7 road, ma soprattutto le scenic route (fra le 18 più belle della Norvegia, trovi le altre qui https://nasjonaleturistveger.no/en/routes) n. 79 e 550 lungo il nostro primo fiordo del sud-ovest, l’Hardangerfjord. It’s not the destination, it’s the journey, scriveva Emerson: o l’ho sempre pensata allo stesso modo, ma qui in Norvegia questo pensiero rimbomba.

Dopo qualche ora di journey, raggiungiamo Ulvik, dove pernotteremo stanotte. Abbiamo una casetta magnifica a metri 12 dal fiordo, con la bandiera norvegese davanti e un sole che non tramonta mai.

Siamo all’Ulvik camping (https://hardangerguesthouse.no), che fa parte dell’Hardanger GH, ma è la versione più economica (e soprattutto più vicina al fiordo!). Qui viene servita una colazione squisita e abbondante, ovviamente alla norvegese, quindi affettati, verdure, formaggi, pane di ogni tipo, uova, salmone, aringhe, ma anche yogurt e dei mini croissant da urlo. NB: l’Hardangerfjord è famoso per due luoghi iconici (pure troppo) della Norvegia: il Trolltunga, uno stretto dito roccioso sospeso nel vuoto, sopra il Lago Ringedalsvatnet e il Preikestolen (Pulpito di Roccia) una versione ridotta dell’omonimo belvedere sopra il Lysefjord, vicino a Stavanger. Ma questi posti così osannati e triti/ritriti non mi attirano mai, preferisco il trekking spettacolare che nessuno osanna (a parte quelli come me).

La giornata finisce, anche se non arriva il buio, così come fatica ad arrivare il sonno: sono già troppo felice.

Una volta che hai viaggiato, il viaggio non finisce mai, ma si ripete infinite volte negli angoli più silenziosi della mente. La mente non sa separarsi dal viaggio.
(Pat Conroy)